«Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001»

Questo blog nasce allo scopo di fornire informazioni riguardanti il PD di Bienate-Magnago e di "aprirci" verso la comunità Magnaghese per poter raccogliere pareri, critiche,impressioni che siano di stimolo continuo al dibattito politico ed al confronto, non solo a livello locale ma anche su tematiche nazionali.

lunedì 20 ottobre 2008

GIOVANI - A MAGNAGO CI SIAMO ANCHE NOI

Ciao a tutti, io sono Gabriele, il “responsabile” del PD Giovani per Magnago e Bienate (anche se mi rendo conto che dire “giovani” e “Magnago” nella stessa frase può sembrare un controsenso…).
Ma prima di tutto sono un ragazzo come tutti voi. Ho 24 anni, quindi sono uno di quei fortunati che la sera possono prendere l’auto per “scappare” lontano da qui; ma anche io, come tanti di voi, mi sono rotto di dover sempre uscire dal mio paese per trovarmi con gli amici, di non poterli mai portare a Magnago, dove il massimo della prospettiva è un aperitivo nei nostri bar per vecchi…
Per questo abbiamo creato il PD giovani, perché ci siamo stufati di arrabbiarci e stare zitti, vogliamo farci sentire, vogliamo dare una scossa a questo comune e vogliamo farlo con iniziative, feste e musica, per far vedere che ci siamo, per fare in modo che il comune e i commercianti ci ascoltino.
Abbiamo già qualche idea che ci frulla in testa, e ne vogliamo discutere con tutti voi; questo blog, e il forum che stiamo per lanciare, diventerà la nostra community. Ogni idea, ogni embrione di progetto o di iniziativa verrà lanciato su queste pagine, per raccogliere spunti e suggerimenti; e se vi salta in mente qualcosa che potrebbe piacervi fare…scrivetelo: nei commenti sul blog, nel forum o mandatemi una mail a
giovani@pdmagnago.it (e mi raccomando, fate girare la voce).
Il mio impegno sarà farmi sentire spesso, farvi sapere quello che si muove e, naturalmente, organizzare una festa tutta nostra il prima possibile; perché di tempo ne abbiamo perso già troppo, e ci siamo stufati del grigiore del nostro comune. STAY TUNED

giovedì 16 ottobre 2008

Emergenza Scuola

Emergenza scuola ancora in risalto sulle pagine dei nostri quotidiani.
Ecco un paio di argomenti che fanno molto discutere il popolo italiano e meritano sicuramente tutta la nostra attenzione.

L’articolo che segue è pubblicato per stralci significativi:

La REPUBBLICA, giovedì 16 ottobre 2008

SCUOLA, NOTTE BIANCA ANTI GELMINI


…” Dal tramonto all’alba, tanto è durata una protesta spontanea e fantasiosa, una resistenza pacifica, esplosa in centinaia di aule di periferia, nelle strade di quartieri borghesi, negli istituti illuminati a tarda sera... ,questo lo slogan che ha unificato le proteste sbocciate come dal nulla che si sono diffuse a Bologna,Roma,Milano, Napoli,Pisa;Parma,Viareggio, Torino,Brescia e in tante altre città.
…Hanno marciato insieme compatti genitori e insegnanti,è la nuova alleanza che si è formata contro i tagli e il maestro unico, a favore del tempo pieno,odia le etichette politiche…
PERCHE’ QUESTA NON E’ UNA BATTAGLIA GENERAZIONALE MA TRASVERSALE CONTRO “ L’ATTACCO AL SAPERE PUBBLICO ” COME SI LEGGE NEL COMUNICATO DEI GENITORI DI PISA.
…” E’ nato un movimento trasversale che sta crescendo anche se le possibilità di incidere sul Decreto sono ormai poche ma ci saranno tutti i regolamenti, la gestione del dimensionamento, gli organici dove possiamo ancora fare qualche cosa magari con una legge di iniziativa popolare”dice una maestra…
…ma, per mobilitare le mamme, le mamme tassiste cuoche colf e lavoratrici e farle diventare anche mamme protestatarie, cos’è scattato? …<…le cose si cambiano insieme e quel che non ho fatto a diciott’anni lo devo fare adesso>
( dicono alcune mamme). Ma perché adesso?......."Perché stavolta la scuola non la cambiano,la vogliono tagliare! " …" non è più in gioco un’idea diversa di scuola, come con la Moratti, ma un’idea di meno scuola, e questo non piace neppure a chi vota Berlusconi "…" l’obiettivo non è far la guerra ad un governo, ma difendere un bene necessario ai nostri bambini " .







Di questo altro argomento inerente la riforma Gelmini pubblichiamo estratti di articoli diversi che compaiono sulla medesima pagina del quotidiano “la Repubblica”:

La REPUBBLICA, giovedì 16 ottobre 2008

Pag.17 SCUOLA E IMMIGRAZIONE

…Mentre è bufera sulla proposta della Lega di creare classi ponte per immigrati, malviste anche dalla Chiesa, la Commissione Europea boccia il governo sul “pacchetto sicurezza” e costringe il ministro dell’interno a fare una doppia retromarcia sull’espulsione dei comunitari e sul reato di clandestinità.
…Per Walter Veltroni, segretario del PD, “ passa pochissimo dalle classi differenziali ad affermare che una persona è superiore ad un’altra” .Per Guglielmo Epifani , segretario della CGIL, “è un atto di inciviltà verso tutti i bambini, immigrati o italiani”…Renata Polverini ,dell’UGL, invita a “sostenere i bambini, non a ghettizzarli”…Una bocciatura arriva anche dal patriarca di venezia, cardinale Angelo Scola: “ Non sono favorevole-ha detto-la strada più adeguata per affrontare quel processo di meticciato culturale è l’integrazione nelle classi, una vera ricchezza”.
…Non solo opposizioni, la società civile, le associazioni cattoliche ma anche a destra qualcuno storce il naso per la mozione della Lega sulle classi separate per i bambini immigrati…Alessandra Mussolini,presidente della commissione per l’infanzia,…insieme a Souad Sbai(deputata PdL di origine marocchina) ha chiesto un incontro urgente al ministro Gelmini per cercare di scongiurare l’applicazione di quello che definisce “un provvedimento razzista”.
…(dice la Mussolini ) : “ Al Nord il problema dell’integrazione scolastica degli stranieri esiste . E’ la risposta della Lega ad essere profondamente sbagliata: creare delle classi separate non favorisce l’integrazione ma, al contrario, alimenta le diversità. Senza contare che i bambini scolarizzati sono quelli che favoriscono l’integrazione anche dei genitori…Alla base dell’integrazione c’è lo scambio non la separazione. Casomai ci possono essere dei corsi aggiuntivi di italiano o di altre materie per aiutare i bambini a integrarsi meglio ma niente classi separate”.



NON DIMENTICHIAMO IL SINDACO LEGHISTA DI BRESCIA CON LA SUA PROPOSTA DELL’ASSEGNO BABY SOLO PER LA MAMMA ITALIANA MA NON PER QUELLA STRANIERA, LA RICHIESTA DEL FAMOSO PATENTINO A PUNTI PER GLI IMMIGRATI, I RIPETUTI EPISODI DI VIOLENZA SPESSO GRATUITA SULLE PERSONE DI ORIGINE STRANIERA( LA VIOLENZA DEI VIGILI DI PARMA,IL CINESE MASSACRATO DI BOTTE DA MINORENNI , ABDUL SPRANGATO A MORTE A MILANO PER UN PACCO DI BISCOTTI ,LA RAGAZZINA MAROCCHINA PICCHIATA DALLE SUE COMPAGNE DI CLASSE PER UN POSTO SULL’AUTOBUS).

L’EMERGENZA C’E’,TANTO CHE IL PRESIDENTE DELLA CAMERA GIANFRANCO FINI ANNUNCERA’ OGGI LA NASCITA DI UN “OSSERVATORIO SUL RAZZISMO PER MONITORARE LA SITUAZIONE DEL NOSTRO PAESE DOPO GLI EPISODI DI XENOFOBIA CHE HANNO SEGNATO TRISTEMENTE LA CRONACA DI QUESTI MESI.

CARI AMICI DEL BLOG PENSIAMO DI AVERVI OFFERTO DEGLI SPUNTI PER DISCUTERE INSIEME QUESTI DELICATI ARGOMENTI .


domenica 12 ottobre 2008











Ringrazio il primo cittadino Gualdoni di Vanzaghello di aver sollevato questo fenomeno costituito nell'imbrattare i muri. Anche noi abbiamo riscontrato nel nostro comune (magnago e Bienate) scritte volgari, provocatorie e anche qualche disegno artistico trovati nei pressi del monumento dei caduti ( davanti al cimitero di magnago che sarebbe anche un luogo sacro), nella piazza del mercato e non solo.

1) vi lascio le foto da commentare:




















































































2) Auguro che il primo cittadino di Magnago e Bienate faccia qualcosa!

mercoledì 8 ottobre 2008

CONTRO IL MAESTRO UNICO

La volontà del ministro Gelmini di reintrodurre il maestro unico nella scuola elementare è gravissima. Ormai
sono vent’anni che questa figura è stata superata definitivamente, estendendo a tutta la scuola l’esperienza
di collaborazione e condivisione di responsabilità tra docenti che era maturata nel Tempo pieno. La
pluralità docente ha permesso ai maestri e alle maestre di approfondire la conoscenza disciplinare e ha
rafforzato lo spirito di collaborazione, rendendo la scuola elementare una comunità di conoscenze.
Il governo invece vuole solamente un ritorno al passato che gli permetta di ottenere nuovi risparmi ai danni
della già tartassata scuola pubblica. Che senso ha infatti stravolgere la scuola elementare, che tra l’altro
viene valutata positivamente anche nei test internazionali, se non con l’obiettivo di mettere in crisi un
settore della scuola pubblica a vantaggio del mercato e delle scuole private?
Per queste ragioni noi, insegnanti, genitori, cittadini, ci dichiariamo fermamente contrari a questi progetti,
ci impegniamo a mettere in atto tutte le iniziative che potranno contrastarli e a sensibilizzare in tutti i modi
l’opinione pubblica.
Cosa significa in termini di didattica
la restaurazione del maestro unico nella scuola italiana
Non sarebbe più possibile la suddivisione delle materie disciplinari tra diversi docenti: il maestro o la
maestra unica dovrà insegnare tutte le materie per tutto il programma previsto nei 5 anni e dovrà
aggiornarsi su tutto.
Non sarebbe più possibile impostare il lavoro dei docenti in classe sulla collaborazione e sul confronto,
specialmente in riferimento ai bambini con difficoltà, alle scelte didattiche, agli stili di apprendimento. Ogni
insegnante tornerà ad essere solo di fronte alla classe, alla didattica, alla psicologia dei bambini e delle
bambine.
Non sarebbero più possibili le uscite didattiche nel territorio, musei, aule didattiche decentrate,
manifestazioni sportive… Per evidenti questioni di sicurezza il singolo insegnante non può uscire dalla
scuola con la classe da solo. Fino ad oggi questa didattica aperta al territorio era possibile per la presenza di
più insegnanti e delle compresenze.
Non sarebbe più possibile per i genitori rapportarsi ad un gruppo di insegnanti. Il riferimento diverrebbe
unico, senza appello, senza possibilità di confrontarsi a più voci.
Non sarebbe più possibile una didattica di recupero e di arricchimento dell’offerta formativa perché
sparirebbero le compresenze e quindi la possibilità di organizzare percorsi ad hoc per alunni in difficoltà o
attività di arricchimento che prevedano lavori a gruppi.
Cosa significa in termini di posti di lavoro
Un calcolo preciso è difficile farlo, sia perchè i dati che si hanno non sono nuovissimi, sia perchè sono
parziali. Calcolando che le classi elementari statali in Italia nell'anno scolastico 2006/2007 erano 138.524 e
che circa 1/5 erano a Tempo Pieno, lasciando un insegnante per classe, nelle classi a Tempo Pieno il taglio
sarebbe di 27.704 insegnanti; nelle classi a modulo ne verrebbero tagliati 55.410
In totale il taglio di insegnanti di scuola elementare per la restaurazione a regime del maestro unico
sarebbe di 83.114 maestre e maestri.
… e il Tempo Pieno?
È evidente che la restaurazione del maestro unico annulla di fatto il Tempo Piano. D’altronde l’esperienza
del Tempo Pieno è stata il canale di pratiche e sperimentazioni attraverso cui la pluralità decente si è
affermata per tutta la scuola italiana.
NO al maestro unico

domenica 21 settembre 2008

Cosa ci insegna la crisi Alitalia? Nulla

Cominciar quivi una crudel battaglia,/come a piè si trovar, coi brandi ignudi:/non che le piastre e la minuta maglia,/ ma ai colpi lor non reggerian gl'incudi.
Solo un Ariosto aeronautico potrebbe descrivere la furiosa tragicommedia recitata intorno ad Alitalia. A noi non resta che domandarci: cosa insegna, di nuovo, questa vicenda?
Non insegna nulla di nuovo sul governo del Paese. I ministri amano dire gatto! prima di averlo nel sacco. E in Italia dobbiamo avere sacchi minuscoli o gatti velocissimi, perché spesso ci ritroviamo a mani vuote. Questo governo non è diverso dagli altri. I risultati prima s'annunciano, poi s'inseguono affannosamente. C'era Air France, l'abbiamo fatta scappare: geniale.
Non racconta niente di originale sul modo di fare le riforme. I cambiamenti italiani avvengono per accomodare gli interni (insiders, in milanese moderno). La riforma della scuola elementare serviva per trovare posto ai maestri; la riforma della giustizia deve garantire avvocati e giudici, quella delle banche i banchieri, quella della televisione chi ci lavora. Il pubblico (utenti, clienti, consumatori) resta sullo sfondo. Se ci guadagna, è una coincidenza.
Non rivela nulla di particolare sulla cultura d'impresa. I nostri capitani coraggiosi (non solo i 16 della cordata CAI) preferiscono, non da oggi, la navigazione sul lago. Telefoni, autostrade o concessioni televisive: cambia poco. L'inizio della carriera è un brulicare di idee e convegni, sogni originali e brillanti investimenti. Poi subentrano l'età, l'incertezza, i figli, le mogli. La nazione che voleva "fare la rivoluzione col permesso dei Carabinieri" (Longanesi) ha i capitalisti che si merita. Amano la competition con l'airbag: l'importante è non farsi male.
Non dice nulla di speciale sulle relazioni sindacali. Un mondo magmatico, dove diritti e furbizie s'intrecciano con proteste legittime e privilegi imbarazzanti. Come tanti, ho provato per anni a capire chi fosse responsabile del disastro a puntate dell'Alitalia: prima di un articolo o di un programma TV, in un aeroporto o durante un volo (sono rimasto pateticamente fedele). Ho ascoltato l'amministratore delegato e il tecnico della manutenzione, il ministro e il consulente, i piloti (tanti e loquaci) e il personale di terra, l'impiegato all'estero e le assistenti di volo. Ognuno cercava di convincermi che la colpa era degli altri.
Non insegna niente sul modo in cui si prendono le decisioni importanti, quelle che segnano il futuro di un Paese. Maratone nella notte, tavoli caotici e infiniti, cartelli e comunicati, giornalisti accampati, ultimatum non ultimativi, scioperi-ripicca, dichiarazioni sopra le righe, compromessi sottobanco. Tutto già visto, tutto ben noto agli italiani (quelli che alla fine pagheranno i debiti della bad company). Se la rassegnazione che si respira in giro fosse ossigeno, potremmo scalare tutti il K2.
Cosa rivela di nuovo la vicenda Alitalia, allora? Niente, questo è il punto. Niente che non sapessimo già. Se ci pensate, è davvero triste.

Beppe Severgnini, Italians.

(Dal Corriere della Sera del 18 settembre 2008)

Quando la politica diventa un format

Alcuni ministri hanno imposto un modello comunicativo che divide il paese in due
Il maestro è Berlusconi. Ma il metodo è stato messo a punto da Brunetta

E SE LA DEMOCRAZIA contemporanea fosse più vicina a un format che a un complesso strutturato di regole? Nella politica come gioco mediatico, le percentuali di gradimento per il governo schizzano in alto. L'audience appare soddisfatta. Eppure qualcuno dovrà pur chiedersi quali sono le ragioni del consenso che sta accompagnando Silvio Berlusconi.

Dati addirittura "imbarazzanti", ha confessato il premier reprimendo un brivido di piacere di fronte a quel 60 per cento di favorevoli che campeggia nei sondaggi.

L'imbarazzo è un sentimento soggettivo; a sinistra, invece, il picco di popolarità è considerato inspiegabile. Anche osservando da vicino l'azione dell'esecutivo e dei singoli ministri riesce difficile spiegare il perdurare della luna di miele. Difatti, a causa di quelle congiunture economiche sfortunate a cui Berlusconi e Tremonti sembrano condannati, la crescita è praticamente sottozero; l'inflazione ha rialzato la cresta; i consumi flettono; parti consistenti della società italiana avvertono il peso di un andamento economico sfavorevole. Sullo sfondo si intravede l'incubo del Ventinove. E allora?

Allora è probabile che per il momento serva a poco giudicare il governo Berlusconi con le categorie tradizionali della politica e dell'economia. Occorre invece un approccio culturale, se non addirittura antropologico: il governo e i ministri più popolari sono riusciti, chissà se per intenzione esplicita o per un caso fortunato, a imporre un modello, una forma specifica di comunicazione. Anzi, un format.

Come in un programma televisivo di successo, Renato Brunetta, Roberto Maroni, Mariastella Gelmini, e perfino la "new entry" Mara Carfagna, sono riusciti a trasmettere un contenuto secondo modalità standardizzate, di tipo essenzialmente mediatico-televisivo, e quindi a mettersi in comunicazione con il pubblico (ovvero lo stadio di implosione nella privacy a cui è stata consegnata l'opinione pubblica).

Il maestro del format è ovviamente Berlusconi. È stato lui per primo a dare una cornice competitiva e spettacolare alla politica, separando gli italiani "della libertà" dai "comunisti", e quindi a declinare la gara elettorale come un giudizio di Dio fra due Italie separate e inconciliabili. Ma Berlusconi è stato in grado più che altro di dividere, mobilitando la propria parte, fanatizzando ideologicamente i pasdaran del berlusconismo e chiamando a raccolta gli elettori anche più tiepidi contro l'esercito del male, in cui il sostantivo "comunisti" riuniva amministratori, magistrati, sindacalisti, impiegati pubblici, politici fannulloni, insegnanti sessantottini.

Ma in questo modo il consenso non poteva crescere oltre i limiti fisiologici della destra, oltre la sua geografia politica. Per superare il perimetro del voto conservatore occorreva un'invenzione culturale. La Lega, e in particolare Roberto Maroni, hanno aperto la strada, con le iniziative sulla sicurezza e le misure contro l'immigrazione irregolare: ma eravamo ancora nei pressi delle azioni classiche, in cui si individua un nemico vero o virtuale, e lo si etichetta esponendolo alla pubblica opinione, generando così processi dominati dalla configurazione classica del capro espiatorio.

Lo straniero, l'altro, il nomade, identificato come una figura potenzialmente incline a crimini come il furto o lo stupro, capace di violenze inaudite sotto l'effetto della coca, senza rispetto nemmeno per i codici della criminalità autoctona tradizionale.

Il passaggio successivo è stato formalizzato con metodi di rara efficacia da Brunetta, che lo ha pure teorizzato nelle numerose interviste concesse durante l'estate. Nello schema del ministro della pubblica amministrazione, la popolazione nazionale si divide in due parti ben individuate: da un lato, "sessanta milioni" di italiani per bene, contrapposti a un milione di farabutti, fannulloni, lavativi, buoni a niente, sabotatori. Dal lato dei fondamenti empirici, il modello descrittivo di Brunetta è irrilevante.

Ma quanto a capacità di mobilitazione è formidabile. Il format del ministro è un perfetto produttore di consenso, perché colloca la stragrande maggioranza dei cittadini dalla parte del buon senso e della buona volontà, e consegna a una gogna ipotetica un imprecisato milione di italiani (questi sì "imbarazzanti", quindi licenziabili, punibili, penalizzabili dagli ukase ministeriali).

Sarebbe superfluo dire che il format è impreciso, e non descrive nulla della società contemporanea, se non fosse che come modello proposto in pubblico ha successo. Anzi, un successo travolgente. Da un lato rassicura, dall'altro esorcizza. Rassicura i bravi cittadini, gli impiegati onesti, l'intera platea di chi auspica efficienza e rigore nei comportamenti pubblici; esorcizza il rischio di una società contagiata dagli imbroglioni, indifferente ai dettami etici, governata dai criteri di un familismo ancora e sempre amorale.

Naturalmente, il format distorce la realtà nel momento stesso in cui fa entrare a forza le tessere in un mosaico predeterminato. Semplifica con forzature impressionanti, attribuisce responsabilità collettive di procedura alla disposizione individuale, identifica l'inefficienza come il prodotto della furbizia e della neghittosità individuale anziché alla cattiva organizzazione degli apparati.

Non è L'isola dei famosi a essere cattiva in sé; sono un paio di protagonisti, su cui si può concentrare l'animosità degli altri. Ma il format è dannatamente efficace, perché permette a una maggioranza sociale dispersa, anonima, prima di riconoscersi, poi di autoassolversi (nessuno è colpevole, nella soap in cui tutti i cattivi, pochi, sono immediatamente riconoscibili), e infine a sostenere l'azione delle autorità contro questi imprecisati cattivi soggetti, a cui possono essere assegnate tutte le responsabilità.

Non c'è un inventore certo del format. Si è creato per prove ed errori, per tentativi e cambiamenti successivi. Che nel pubblico ci sia una disposizione favorevole, ormai quasi naturale, è fuori dubbio. Basta partecipare a una presentazione dei libri di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo (La casta e il più recente La deriva) per rendersi conto che il pubblico si autointerpreta ogni volta come una moltitudine di bravi e onesti cittadini, stupefatti, e anzi angosciati, di fronte all'impazzimento dei meccanismi della politica, agli sprechi, alle piccole e grandi corruzioni delle strutture pubbliche.

Il format è quindi infallibile perché sgrava la coscienza: c'è un'altra Italia, là sullo sfondo, a cui dare la colpa. Un'Italia fortunatamente minoritaria, insignificante anche numericamente rispetto ai sessanta milioni di italiani brava gente, i quali possono deprecare scuotendo la testa il residuo milione di cattivi soggetti.

Il contenuto populista del format è fortissimo: in primo luogo perché inibisce qualsiasi distinguo. Sottilizzare è vietato: non vorrete stare dalla parte dei fannulloni, o dei corrotti. Attribuire la responsabilità dei disfunzionamenti a questioni di struttura e di imperfezione degli apparati è uno dei vizi della sinistra e del sindacato. Sono sciocchi giustificazionismi: bisogna licenziare gli assenteisti, mandare a domicilio le visite fiscali, colpire i fannulloni nel vivo dello stipendio, mettere in galera i corrotti e tenerceli.

Ma più ancora che di populismo si tratta di demagogia allo stato puro: i progetti e i provvedimenti del ministro Gelmini sul voto in condotta, i grembiuli, il "maestro unico" implicano tutti l'idea di un "ritorno" a una condizione nostalgica, in cui l'autorità e l'ordine erano sanciti da rapporti sociali e codici culturali apparentemente immutabili (e purtroppo distrutti dal "nullismo" del Sessantotto, come ripete spesso Giulio Tremonti, ministro che dichiara di ispirarsi sinteticamente al motto "Dio, patria e famiglia").

Dovrebbe essere chiaro che non si esce a ritroso dalla modernità, e che gli anni Cinquanta non sono riproducibili per decreto se non, per l'appunto, nella realtà artificiale del format. Il revanscismo dei ministri del Pdl conduce a una fiction: nessuno dei nessi e nessuna delle contraddizioni della modernizzazione, nessuno dei processi descritti a suo tempo da Max Weber, viene affrontato dagli applauditi serial della destra.

Eppure le semplificazioni, almeno per ora, generano consenso. Le scorciatoie mobilitano risorse affettive, emotive, sentimentali nella società. Rappresentano un antidoto al nichilismo, allo sradicamento morale e all'assenza di senso caratteristici dell'età contemporanea. Offrono soluzioni vicarie di fronte agli choc generati dalle scie vertiginose della globalizzazione.

Perfino i poveri, infatti, nelle soap sono pochi, e risultano trattabili con espedienti come la social card, non con gli apparati "socialisti" dello stato sociale, come ha spiegato da sinistra Laura Pennacchi nel suo ultimo libro, La moralità del Welfare. Contro il neoliberismo populista, editore Donzelli, pagg. 260, euro 27).

Il format offre soluzioni, ma in genere si tratta di soluzioni narrative. Cioè terapie che portano all'individuazione della causa, come se la causa fosse una sola, e la curano con un colpo di scena o un happy ending. Formidabile, per esempio, la trama allestita da Mara Carfagna sulla punizione on the road di prostitute e clienti: come se la realtà metropolitana fosse costituita da pochi devianti, dediti agli incontri sessuali nelle periferie, da dissuadere con le maniere forti.

Mentre il numero stesso dei frequentatori dei viali, e la straordinaria varietà dell'offerta erotica, mostrano una realtà proliferante, in crescita continua, legata sia a scelte individuali sia a macrocircuiti illegali, sostanzialmente incontrollabili con i metodi di polizia.

Cioè una realtà "sociale". Un mercato. Eppure il romanzetto rassicurante di pochi peccatori da colpire con la mano dura è irresistibile. È la tolleranza zero, o una sua imitazione. È il decisionismo che corregge funzionamenti complessi con misure di fantastica semplicità. È il format, amici telespettatori.


di EDMONDO BERSELLI

Da la repubblica, (18 settembre 2008)




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